In ascolto della parola

Domenica 24 Maggio - Solennità dell'Ascensione del Signore

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 28,16-20)

In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.
Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

Commento

Il brano che la Liturgia odierna ci fa ascoltare nella solennità dell’Ascensione del Signore, conclude il Vangelo di Matteo. A ben guardare, i versetti non raccontano l’episodio dell’Ascensione, come invece troviamo riportato in Luca o in Marco, ma ci aprono allo stesso respiro: la missione del Vangelo inizia dal mandato affidato agli Undici per arrivare fino a noi, senza che la ‘corsa’ della buona notizia si arresti!

 

Gli undici discepoli[…]andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.

Gli Undici, dopo l’incontro del Risorto con le donne, si recano in Galilea, come era stato riferito loro di fare, affinché anch’essi incontrassero Gesù. Tuttavia, nei passi precedenti, né Gesù né l’angelo parlano di un monte, come invece è precisato in questo versetto: di quale monte si tratta dunque? E’ evidente che non si parla qui di una collocazione geografica ma del luogo simbolico dell’incontro con Dio. È in questo modo che l’evangelista richiama la nostra attenzione ad un passaggio importante del suo Vangelo: l’incontro del discepolo con Dio.

Matteo tiene a sottolineare che i discepoli sono Undici. Potremmo pensare a Giuda che, rinnegato Gesù, ha tragicamente scelto la sua autoesclusione. Tuttavia, se, a primo impatto, questo evento mette in risalto l’effetto di una mancanza nel numero deli apostoli costituiti da Gesù stesso, perché non sentirci provocati a recuperare il posto vacante del ‘dodicesimo’? Ciascuno di noi è interpellato. Il messaggio del Vangelo non può, infatti, restare chiuso entro confini limitati di spazio e di tempo: dodici era il numero necessario per la partenza del viaggio della buona notizia attraverso le nazioni e le generazioni degli uomini che hanno ricevuto e traghettato l’annunci; anche l’appuntamento in Galilea, dove tutto è iniziato, non è casuale perché la Galilea delle genti è il luogo giusto per inviare i discepoli a tutti i popoli… ora tocca a noi!

 

Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono.

I discepoli riconoscono Dio nel Risorto e si prostrano in atto di adorazione; contemporaneamente, però, dubitano! Come non riconoscerci in loro…anche in questa contraddizione ci assomigliamo! Di cosa dubitino gli Undici non è chiaro. Forse dubitano di Gesù o di se stessi, di ciò che sta accadendo nell’insieme? Ciascuno rifletta, ne siamo tutti coinvolti. Potremmo chiederci: di cosa abbiamo paura noi? Se conosciamo Gesù, se facciamo esperienza della Sua presenza, è forse la Croce che spaventa nel suo attraversamento necessario anche in questo momento glorioso? Che discepoli vogliamo essere? Coraggio! La fede e il dubbio, la gioia e la paura possono essere nostri compagni di viaggio nel cammino di sequela ma non possono avere il potere di bloccarci: Gesù, che per noi ha attraversato la morte, ci è sempre accanto!

 

Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate e fate discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato

E’ Gesù che, ancora una volta, fa il primo passo superando quella strana situazione di adorazione e dubbio, si avvicina ai discepoli che stanno vivendo in un avvicendarsi di emozioni e sensazioni contrastanti e parla loro, ancora.

Gesù comanda loro di andare perché tutti i popoli possano diventare discepoli del Vangelo conoscendoLo attraverso la loro testimonianza. Quanti pensieri ribelli, a giusta ragione, potrebbero insinuarsi facendo riecheggiare in noi l’idea del mandato come di comando da osservare per ‘convincere’ chi ‘non è dei nostri’. Che bello, invece, se restiamo a contemplare e masticare queste parole come una ‘dichiarazione d’amore universale’!

Gesù, nel suo smisurato amore per i ‘ suoi’ e nella fiducia che nutre in loro, come in ogni uomo, dichiara di aver bisogno proprio dei discepoli, che diventano suo prolungamento sulla Terra, Lui che è il Signore del Cielo e della Terra. Commuovono le sue ultime parole cariche di tenerezza, di fiducia e di forza: come le parole pronunciate per noi da chi amiamo, prima di una partenza, così sono quelle pronunciate da Gesù in un momento così drammatico eppure altissimo per una storia che volge ad un epilogo, perché possa continuare in eterno.

Inoltre, leggiamo tutto l’amore possibile per l’uomo, un amore che non conosce confini di alcun genere, di fronte ai quali possiamo confrontare quei confini-ostacoli che a volte possono frenare l’annuncio del Vangelo, e che hanno a che fare con noi stessi o con gli altri. Gesù, dopo aver donato la Sua vita per tutti, ed essersi reso ‘primogenito tra molti fratelli’ con la risurrezione, ora ci ‘manda’ ad annunciarLo: non c’è nulla da trattenere per sé, è un amore che vuole raggiungere tutti, deve travolgere tutti, incontenibile!

Ma, come può avvenire questo?

 

Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo.

«Io sono con voi sempre e per sempre», fino alla fine, e non c’è mai fine.

Concludendo questi versetti, potremmo imbatterci nella tristezza, preludio di nostalgia, pensando alla mancanza ormai imminente che dolorosamente stanno per subire gli ‘Undici’. Gesù si sta definitivamente, almeno secondo le ‘leggi’ umane, staccando da loro, pur promettendo la Sua presenza costante, intima, unica con ciascuno. Quello di Gesù è Amore ‘allo stato puro’ che invita a vivere ogni relazione con libertà. Non si impone né pretende, per questo, la sua azione, nella santa operazione dello Spirito Santo, continua anche nell’assenza e nel distacco. Allo stesso tempo, si offre a tutti, liberando e superando ogni ostacolo: indica l’inclusività e la comunione quale luogo del ‘nuovo’ incontro con Lui: «dove due o tre sono riuniti...là io sono».

Non possiamo, allora, essere tristi per questo distacco, siamo chiamati ad imparare da Lui a superare, attraversare e portare a compimento anche quell’ultima ‘legge’ che ci lega ai parametri umani non ancora risorti a vita ‘nuova’.

 

L’evento della Risurrezione ci fa meglio riconoscere nel nostro quotidiano ‘i monti’ su cui incontrare Gesù per continuare a farne esperienza e poterlo così annunciare agli altri.

Stiamo vivendo, ormai da tempo, giorni particolarissimi, carichi di sofferenza e di riflessione, mentre cominciamo a mettere i primi passi nella vita che ci attende. Il Vangelo odierno può aiutarci ad illuminare ciò che proviamo, i nostri pensieri, la fede, i dubbi, il nostro annuncio del Vangelo e farci meglio rendere conto di ciò che ci ostacola…non abbiamo fretta di archiviare questa pagina preziosa del Tempo Pasquale, preludio della Pentecoste. Rimanere immersi in questa Parola perché possa illuminarci e guarirci, ridestare fiducia e spronarci, infondere speranza e aiutarci ad amare di più e a spenderci per il bene.

Commento a Cura delle Sorelle Povere di S. Chiara del monastero di S. Luigi di Bisceglie