“Colloca i tuoi occhi davanti allo specchio dell’eternità, colloca la tua anima nello splendore della gloria, colloca il tuo cuore in Colui che è figura della divina sostanza e trasformati interamente, per mezzo della contemplazione, nell’immagine della divinità di Lui. Allora anche tu proverai ciò che è riservato ai soli suoi amici, e gusterai la segreta dolcezza che Dio medesimo ha riservato fin dall’inizio a coloro che lo amano…Con tutta te stessa ama Colui che per amor tuo tutto si è donato” (FF 2888-2889).
Mi piace iniziare questa breve riflessione con quanto Santa Chiara di Assisi scriveva nella lettera terza ad Agnese, perché mi sembra racchiuda il senso e la centralità della vita religiosa femminile: il perdersi con gli occhi, con l’anima, col cuore in Cristo e, inondati della Sua dolcezza, fare della propria vita un dono totale a Dio e ai fratelli. Solo vivendo una dimensione sponsale con Colui che è “il più bello tra i figli dell’uomo” (Sal 44,3), la religiosa può godere di una fecondità che supera i limiti della corporeità, del tempo e dello spazio.
La vita religiosa nasce, per impulso dello Spirito, dal desiderio di alcuni cristiani di vivere con interezza e radicalità lo stile di vita di Cristo e dei suoi Apostoli mettendosi, come questi, alla sequela del Maestro, in uno stile di vita di totale dedizione a Lui e al suo Vangelo. Tale scelta, sia nell’ambito maschile che femminile, esprime la risposta libera e radicale ad una chiamata: è il si che nasce dall’esperienza dell’incontro con Cristo, del sentirsi guardati, amati, scelti. Un si di tutta la persona pronunciato nella piena adesione d’amore al Dio che si dona totalmente e per amore. Si tratta di una decisione ferma, risolutiva, che impegna tutta la vita.
Ogni giorno elevo il mio grazie e la mia lode al Signore Gesù perché continua ad affascinare il cuore di tanti giovani mettendo nel loro animo il desiderio di conoscerLo, di amarLo e di seguirLo, nella consapevole responsabilità di dover essere, con la propria vita, un prolungamento della Sua vita casta, povera e obbediente, totalmente votati al Regno di Dio. Ben si esprime a questo proposito l’Esortazione apostolica di Giovanni Paolo II, Vita Consecrata, al n. 16: “… il consacrato non solo fa di Cristo il senso della propria vita, ma si preoccupa di riprodurre in sé, per quanto possibile, «la forma di vita, che il Figlio di Dio prese quando venne nel mondo». Abbracciando la verginità, egli fa suo l’amore verginale di Cristo e lo confessa al mondo quale Figlio unigenito, uno con il Padre (cfr Gv 10, 30; 14, 11); imitando la sua povertà, lo confessa Figlio che tutto riceve dal Padre e nell’amore tutto gli restituisce (cfr Gv 17, 7.10); aderendo, col sacrificio della propria libertà, al mistero della sua obbedienza filiale, lo confessa infinitamente amato ed amante, come Colui che si compiace solo della volontà del Padre (cfr Gv 4, 34), al quale è perfettamente unito e dal quale in tutto dipende.”
Alla domanda che tante volte le persone pongono a noi religiosi: “Sei felice?”, la risposta non può che essere: “si!”. Felice di collocare i miei occhi e la mia anima in “Colui che il mio cuore ama” (Ct 3,1). Felice di contemplarLo ogni giorno nell’Eucaristia, nella Parola, nel creato, nei fratelli. Felice perché Lui si fida di me, affidando alla mia povera persona il compito di renderlo presente oggi, nella vita di tanti fratelli e sorelle che “vogliono vedere Gesù” (cf. Gv 12,21) e che aspettano chi gli annunci ancora “parole di vita eterna” (Gv 6,68).
dI Sr. Daniela – Sorella Francescana della Carità