Vorrei portarvi tutti in paradiso

Mi preme introdurre questo articolo facendo una premessa: tutto quello che si sperimenta in marcia è difficile da spiegare in quanto è così prezioso e personale che se proverete a chiedere a chiunque abbia mai fatto la marcia “Come è stato?”, loro faranno esattamente questo: il loro sguardo si solleva verso il cielo, un sospiro (o respiro) di sollievo, due secondi di attesa, e guardandoti negli occhi ti dirà: «Bella!». Da qui è difficile, per uno che non ha vissuto la marcia francescana, poter intravedere la perla preziosa che si cela dietro la parola “bella”. Ma il compito qui è quello di trascrivere tutto quello che ho vissuto, sarò il vostro Virgilio e vi condurrò in quella che è stata la Quarantunesima marcia Francescana “Oggi con me in Paradiso”.

Ci sono molti motivi per cui un ragazzo o ragazza decide di intraprendere questo pellegrinaggio, si può partire per concedersi un periodo di discernimento da tutto quello che sta avvenendo nella propria vita, per rendere grazie a seguito di una scelta importante appena presa, per darsi la possibilità di incontrare Dio attraverso una maniera autentica e personale, ma solo una è la chiave di volta: Il Perdono.

Si, ognuno di noi sente la più intima necessità di sentirsi chiamato per nome e amato come figlio dal Padre, avere l’assoluta certezza che siamo perdonati e accolti per le nostre ferite e tutti i peccati commessi ti sono perdonati.

Ricordo il momento in cui io e Daniela, la mia fidanzata, siamo stati letteralmente chiamati a partecipare a questa marcia. Entrambi con i propri percorsi di vita, uniti dall’amore di Dio che ci ha fatto incontrare e che ci lega da anni. Abbiamo ricevuto una chiamata in un momento un cui io mi sentivo perso, non mi mancava nulla e invece ero perso.

La routine mi inghiottiva e divenivo sempre più sterile. Tutto si appiattiva, i rapporti si riempivano di abitudini e di scontatezza. Non mi sentivo più un umano ma una macchina che doveva ogni giorno produrre ed essere efficiente. Non avevo più un momento in cui poter fermarmi e riflettere sulla mia vita, ma la cosa più dolorosa è che non avevo più un sogno, quel desiderio alto che rilancia la propria vita.

Ma Dio era presente e mi richiama a vivere attraverso le persone che mi ha messo accanto, soprattutto in Daniela. Insieme abbiamo deciso che era giunto il momento di dare pienezza alle nostre vite, che saremmo andati oltre il nostro vissuto, le nostre ferite, che i nostri passi siano mossi dal desiderio e dall’amore.

Metterci in marcia è stato per noi l’occasione di ringraziare Dio per la scelta che entrambi sentivamo di prendere e per andare sempre più a fondo nelle nostre vite.

Con gli zaini e i cuori carichi, siamo partiti alla volta di Conversano, prima tappa della marcia e inizio di una gestazione che si è conclusa con l’arrivo in Porziuncola. Appena arrivati abbiamo incontrato e conosciuto gli altri cinquanta ragazzi, suore, frati e adulti con i quali abbiamo condiviso questa esperienza. Abbiamo percorso insieme circa centoventi chilometri toccando Conversano, Putignano, Turi, Castellana Grotte, Alberobello, Fasano, Monopoli e infine Assisi.

Ogni giorno ci si svegliava all’alba, si preparava lo zaino, colazione e si partiva per la tappa successiva. Durante il viaggio ognuno di noi ha avuto il dono di conoscere l’altro e di donare il proprio vissuto, i propri sogni. Perché la marcia liberamente ti spinge a vivere una dimensione di fraternità, chi hai accanto è tuo fratello e puoi e devi condividere tutto. La fatica del viaggio abbassa i muri che nel quotidiano siamo soliti erigere per “proteggerci” dall’altro (che è visto come problema e non come possibilità) e ci si mostra per quello che si è realmente, non ci sono più filtri, il fratello ti vede per quello che sei. E se ti lasci andare, se decidi di metterti in gioco, riuscirai a mostrare anche le tue ferite, riuscirai a metterti a nudo, riuscirai a sperimentare l’amore di Dio attraverso la cura dei fratelli. Con loro ho condiviso la gioia e la fatica, il dolore e la felicità, i pianti e i sorrisi. In marcia riesci a condividere tutto, riesci a dire cose che non riesci a dire in famiglia o ai tuoi amici, i legami che si creano in marcia rimangono indissolubili, rimangono per la vita.

Il momento culminante dell’esperienza della marcia è l’arrivo al vascone. Quando ho sentito dire: «Bentornati a casa…potete baciare la terra!» è stato un momento unico, tutta la fatica dei giorni precedenti era svanita del tutto, intorno a me gente che ci salutava e festeggiava per il nostro arrivo. Insieme ai fratelli marciatori ho attraversato il vascone sino alla Basilica di Santa Maria degli Angeli. Una volta entrati la strada si è fatta più stretta, non sentivo più nulla se non il mio respiro e il battito del cuore. Entrato nella Porziuncola le lacrime sono scese pesanti, cariche di gratitudine per tutta la mia vita che da sempre è stata accompagnata dall’amore di Dio. Uscendo dalla Porta stretta della Chiesetta ho provato un calore e un senso di leggerezza. Sono rinato.

Onofrio Rubini