In ascolto della parola

Domenica 9 Giugno

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 3,20-35)

Satana è finito.

In quel tempo, Gesù entrò in una casa e di nuovo si radunò una folla, tanto che non potevano neppure mangiare. Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; dicevano infatti: «È fuori di sé». Gli scribi, che erano scesi da Gerusalemme, dicevano: «Costui è posseduto da Beelzebùl e scaccia i demòni per mezzo del capo dei demòni». Ma egli li chiamò e con parabole diceva loro: «Come può Satana scacciare Satana? Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non potrà restare in piedi; se una casa è divisa in se stessa, quella casa non potrà restare in piedi. Anche Satana, se si ribella contro se stesso ed è diviso, non può restare in piedi, ma è finito. Nessuno può entrare nella casa di un uomo forte e rapire i suoi beni, se prima non lo lega. Soltanto allora potrà saccheggiargli la casa. In verità io vi dico: tutto sarà perdonato ai figli degli uomini, i peccati e anche tutte le bestemmie che diranno; ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo non sarà perdonato in eterno: è reo di colpa eterna». Poiché dicevano: «È posseduto da uno spirito impuro». Giunsero sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori, mandarono a chiamarlo. Attorno a lui era seduta una folla, e gli dissero: «Ecco, tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle stanno fuori e ti cercano». Ma egli rispose loro: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». Girando lo sguardo su quelli che erano seduti attorno a lui, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre».

Commento

Quando si compie il male, spesso si tende a riversare la responsabilità sugli altri. Questo atteggiamento emerge chiaramente dalla prima lettura di oggi tratta dal libro della Genesi, dove si narrano gli istanti successivi al peccato originale. La storia di Adamo ed Eva ci mostra come il discolparsi dal male commesso sia un comportamento antico quanto l’umanità stessa, perdurando fino ai giorni nostri. Da quel momento, l’armonia voluta da Dio è stata compromessa.

Tuttavia, le letture di questa domenica non vogliono soffermarsi sulle conseguenze negative del peccato originale, né incitarci a giudicare Eva con parole dure, ma piuttosto ci invitano a riflettere sulla grandezza dell’amore di Dio e del suo perdono. Dopo il peccato originale, Dio non si allontana dall’uomo; è l’uomo che, vergognandosi, si nasconde. Dio lo cerca continuamente: “Dove sei?”. Anche questa è una storia antica come Adamo ed Eva: da sempre l’uomo si nasconde per le sue malefatte, mentre Dio lo cerca costantemente.

Dio maledice il male, personificato nel serpente, e ne annuncia la sconfitta: “Io porrò inimicizia tra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno”. Fin dal primo momento, l’amore di Dio trasforma una storia oscura in una storia di salvezza. Con la passione, la morte e la risurrezione di Cristo, la storia dell’umanità ritrova un orizzonte di salvezza.

San Paolo, nella seconda lettura, ci invita a non fissarci sulle tribolazioni, sulle cose visibili che sono solo tracce del peccato originale, ma a porre lo sguardo su quelle invisibili ed eterne. In virtù della salvezza operata da Cristo, siamo chiamati a tenere lo sguardo fisso sulle realtà celesti, sul bene e sull’amore, ciò che conta veramente e per cui vale la pena spendere la vita, perché profuma di eternità.

A conferma di quanto detto, le parole di Gesù nel Vangelo di questa domenica risuonano con forza: “Tutto sarà perdonato ai figli degli uomini, i peccati e anche tutte le bestemmie, ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo non sarà perdonato in eterno”. Forse ci chiediamo quale sia questo peccato, non riconoscendolo tra le nostre miserie. In realtà, bestemmiare contro lo Spirito Santo significa dire no all’amore, dire no a Dio, vivere una vita dominata dall’egoismo e non voler far parte della famiglia di Gesù. Solo “Chi fa la volontà di Dio, costui è per me fratello, sorella e madre”.

 

Questa domenica, dunque, siamo chiamati a riflettere sulla nostra vita, a riconoscere l’amore e il perdono di Dio, e a vivere in modo da rispondere con amore e generosità, tenendo lo sguardo fisso sulle cose eterne.