In ascolto della parola

Domenica 30 Aprile - IV Domenica di Pasqua

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 10,1-10)

Io sono la porta delle pecore.

In quel tempo, Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro. Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».

Commento

È molto singolare l’immagine che usa Gesù in questa IV domenica di Pasqua. Egli, secondo l’attestazione dell’evangelista Giovanni, si definisce “porta”: “Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato”. Invece, chi entra nel recinto senza passare per la porta è un ladro e un brigante, che viene per distruggere, rubare e uccidere. Non è semplice l’interpretazione di quest’immagine. Certamente, la prima e la seconda lettura possono venire in aiuto. Nella prima lettura, le persone chiedono a Pietro dopo aver ascoltato il suo discorso: “Cosa dobbiamo fare?” Pietro risponde: “Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati, e riceverete il dono dello Spirito Santo”. Uno dei modi per attraversare la porta è essere battezzati, cioè diventare seguaci di Gesù. Tale porta però la si attraversa tante altre volte nella vita e tale passaggio dovrebbe avvenire sempre in coerenza col proprio battesimo. Nella seconda lettura, invece, Pietro ci ricorda che “Cristo ci ha lasciato un esempio, perché ne seguiamo le orme”. Passare attraverso la porta significa fare esattamente ciò che egli ha fatto. Ma c’è di più: in Gesù oggi ritroviamo il modello del vero pastore, colui che dà la propria vita per le pecore. Egli non solo viene percosso, come aveva annunciato Zaccaria, ma offre sé stesso volontariamente per amore dei suoi, perché questi conoscano l’amore del Padre. La responsabilità del pastore secondo il cuore di Dio va certamente attribuita ai sacerdoti, ma tale responsabilità grava sull’intera comunità dei credenti. In buona sostanza, pur nella diversità dei carismi e delle funzioni, tutti siamo chiamati a rivelare l’amore del Padre, a cercare i lontani per ricondurli a Lui, a ristabilire ponti di comunione nella comunità. Tutti, nessuno escluso, dobbiamo passare per questa “porta” che è Cristo, perché anche noi, come Cristo, possiamo dare la vita in abbondanza, senza perseguire né la logica degli autoritari e né quella dei mercenari. È vecchia quanto il mondo la tentazione dei pastori di considerarsi i primi nella comunità. Gesù, il buon pastore, insegna a tutti, sacerdoti in primis, che il sinonimo di pastore è servitore, ossia colui che deve essere pronto a dare sé stesso, a donare cioè la propria vita per gli altri. Solo così, ogni ministero pastorale potrà essere davvero definito un servizio a beneficio dell’intera Chiesa di Dio.  Solo così, passando attraverso quella porta, potremo gioire di essere stati salvati

Commento a cura di Fra Marco Valletta OFM