In ascolto della parola

Domenica 11 Giugno - Santissimo Sangue e Corpo di Cristo

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 6,51-58)

La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.

In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

Commento

“Come può costui darci la sua carne da mangiare?”. Domenica scorsa abbiamo celebrato la solennità della Santissima Trinità, la festa del Dio-amore; questa domenica celebriamo la Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo, dell’Eucarestia, presenza viva di Cristo tra noi.  Presenza di un Dio che si relaziona con l’uomo in modo sorprendente, rompendo ogni schema. Di un Dio che è al di sopra di tutto e di tutti, che a differenza di qualsiasi altra divinità non chiede all’uomo sacrifici, ma arriva a sacrificare suo figlio per la salvezza dell’umanità.

Ciò emerge fin dalla prima lettura della liturgia odierna, tratta dal libro del Deuteronomio nella quale Mosè ricorda ad Israele i 40 anni che il Signore gli ha fatto trascorrere nel deserto per metterlo alla prova e conoscere ciò che aveva nel cuore. Anni durante i quali l’uomo si è manifestato per quello che è, arrivando a sostituire Dio con un vitello d’oro. Ma nonostante le infedeltà dell’uomo, Dio non ha smesso di prendersi cura di lui, arrivando a nutrirlo con ciò che era sconosciuto anche ai loro pardi: la manna. Manna che prefigura il dono di un altro pane vivo disceso dal cielo, per la salvezza dell’uomo: l’Eucarestia. Il dono del Figlio di Dio che continua ad essere presente tra noi nella dimensione sacramentale, del pane e del vino. Come ci ricorda San Paolo nella sua lettera ai Corinzi, affermando che ogni volta che ci nutriamo dell’Eucarestia siamo in comunione con Cristo, che entra nella nostra vita per portarci nella sua vita e conseguentemente nella vita degli altri, in quanto tutti membra di un unico corpo mistico che è la chiesa di cui lui è il capo.

 

Alla luce di ciò, accostarci all’Eucarestia non significa semplicemente fare la comunione, per placare l’ira di un Dio tiranno che giudica e punisce l’uomo, obbligandolo a reiterare delle azioni domenicali per placare la sua ira a seguito delle umane infedeltà. Fare la comunione significa nutrirci di Cristo, di questo Dio che si fa dono, che non chiede nulla all’uomo, se non di essere partecipe del suo stesso amore. Se l’Eucarestia è il culmine e la fonte della vita cristiana, che ci nutre e ci dà vita, come ogni cibo non può non portarci ad una trasformazione. Tutto ciò di cui ci nutriamo, viene trasformato, in energia perché l’uomo possa vivere, compiere delle azioni non fini a sé stesse ma per il bene comune. L’orientamento al bene comune avviene per mezzo dell’Eucarestia, di questo amore che Dio ci dona perché a sua volta sia donato attraverso una vita in comunione con lui e con il prossimo.  Ma affinché questo miracolo si compia, dobbiamo lasciarci trasformare dall’Eucarestia cogliendone il suo significato sacramentale più profondo: quello della chiamata al dono di noi stessi. Dobbiamo quindi, più che scandalizzarci come i Giudei, chiedendoci più increduli che credenti: “Come può costui darci la sua carne da mangiare?”, lasciar trasformare dall’Eucarestia il nostro cuore. Chi si apre a questa trasformazione del cuore, non vive più per sé stesso, prende le distanze dall’egoismo, dall’odio, dal potere; arriva come san Paolo a sostenere che “il vivere è Cristo e il morire un guadagno”. Può sembrare un’impresa impossibile, ma la testimonianza di tanti santi che nel corso dei secoli si sono lasciati trasformare dall’Eucarestia, ci testimonia esattamente il contrario.

Commento a cura di Fra Marco Valletta OFM